Dove ci siamo visti?
Incontro con il nuovo "uomo Dior": Robert Pattinson, ex teenstar in cerca di particine d'autore e di un personal shopper, fa battute da night e ha un ottima memoria.
LA SUA FACCIA NON MI E' NUOVA. Ecco la ciliegina sulla torta di quattro giorni a Los Angeles. Suite al Beverly Hills Hotel, cene nei ristoranti delle celebrità e tutte quelle cose che attirano gli strali delle amiche. Ma che importa degli anatemi di fronte a Robert Pattinson che ti dice: "Ci siamo già visti da qualche parte?". In effetti ci eravamo incontrati anni fa, alla prima di Twilight al Festival del cinema di Roma. Gli errori di valutazione del fenomeno erano ancora molti, nonostante i libri della saga di vendessero come mentine. Forse lui non sapeva di essere già famosissimo, e con gli occhi lucidi del capriolo colpiti dal faro, insieme ad una nervosa Kristen Stewart affetta da sindrome della gamba inarrestabile, fronteggiava ragazzine in imperventilazione ormonale e plotoni di giornalisti. Se davvero di tutto quel caos si ricorda di me lo propongo per il test d'ammissione al Mensa. Mi spiega invece che quei primi incontri non riesce più a dimenticarli.
AL TEMPO VESTIVA CASUAL. Ora che è diventato testimonial Dior ci mette più attenzione? Sorride mostrando i denti fino a quelli del giudizio e indica con un gesto disarmante il cappellino con la visiera rivoltata, la camicia scura a maniche corte, aperta sulla t-shirt grigia, i jeans neri. "Non mi pare", ride. "Non penso più del necessario a ciò che metto. Faccio i miei acquisti a caso, seguendo l'umore. Potrei indossare la stessa cosa per giorni. Andrebbe bene anche uno di quei pagliaccetti per neonati, quelli con i bottoni sulla patta". Invece la sera prima, alla presentazione dello spot al Soho House, sembrava a suo agio (e fin troppo bello) nel completo scuro. Porta almeno il profumo?, insisto. "Da qualche giorno si", ride. Occhiataccia della press agent. "Scherzi a parte, ci ho provato in quell'età in cui inizi ad interessarti alle ragazze e ti inzuppi di colonia scadente e loro dicono 'cos'è questa puzza?'. Adesso sto imparando".
QUALCHE ORA PRIMA avevo scambiato due chiacchiere con Romain Gravas, il regista dello spot. Mi aveva raccontato che durante la sequenza dell'auto in spiaggia, Robert è finito dritto in acqua. Glielo dico e lui diventa rosso ma è compiaciuto in modo demenziale. Ha detto pure che sei colto e intelligente, aggiungo. E che vi scambiate sms sexy, del tipo "Cosa indossi?". Scoppia a ridere. "E' vero. Ha iniziato lui e mi sono chiesto 'What? Chi diamine è?'. Poi l'ho riconosciuto e ho risposto a tono. Romain è giovane e ambizioso, ma non si prende troppo sul serio. Ha senso dell'humor ed è un pò anarchico. Mi piace!". Noto che non è più pallido. La pelle, liscia come una lacca cinese, sta prendendo il colore californiano. Cos'altro volevo chiedere? Ah si: come ha speso il suo primo assegno. "In una chitarra. E poi la casa a Los Angeles. Meglio qui che a Londra, la mia città natale, dove costano troppo". Chissà in questa casa nuova chi gli rifà il letto la mattina. "Che ci creda o no, non ho la domestica". Se lo rifà da solo? "No, lo lascio così", ghigna.
GLI DOMANDO COSA LA GENTE sopravvaluti e sottovaluti dell'essere attore. "Lo prendono per un gioco, invece è un lavoro molto impegnativo. D'altro canto, non capisco quelle star che rispondono 'non se ne parla proprio' quando gli chiedono se i figli seguiranno le loro orme. E' uno dei mestieri più belli del mondo". Mi dice che frequenta ancora i vecchi amici. "Sono grandiosi, molto protettivi. E quando sto con loro, i fan sono meno invadenti". Gli chiedo allora cosa considera un tradimento da un amico, e risponde che un vero amico non tradisce mai, se lo fa non lo è. Che invidia per le sue certezze. La sensazione è che sia riuscito a non farsi stravolgere la vita dal successo: è così tranquillo che viene da chiedersi che tipo fosse a scuola. "Non sono mai stato un gregario, ma neanche entusiasta di prendere il comando. Me ne stavo per conto mio, e associavo l'idea di ribellione all'essere sempre ubriaco. No, questa è terribile", rettifica subito, scosso dalle risa da capo a piedi. "In realtà a proposito di ribelli, se penso alle rivolte in giro per il mondo, mi sento fortunato. Sono nato in un Paese dove non c'è bisogno di fare la rivoluzione, ma chi non ha avuto la stessa sorte ha tutto il diritto di protestare".
STA MATURANDO, ROB. Sempre meno teen e sempre più impegnato; presto per esempio sarà con James Franco sul set di Queen of The Desert, diretto da Werner Herzog. "Sto anche invecchiando. Ammetto di essermi preoccupato all'idea del dopo Twilight. Tutto va bene da troppo tempo, e mi chiedo se non sia presagio di qualcosa di terribile. Ho compiuto 27 anni, l'età in cui le star muoiono". Ma no! "Ma si! Jim Morrison, Amy Winehouse, Janis Joplin ... e per compierne 28 devo aspettare maggio", ride. Comunque, i media hanno già pronto il suo successore, Douglas Booth. Lo considera un erede, o un rivale? "Ancora non so nemmeno io chi sono, magari me lo sa dire lui. Questa faccenda di appiopparti un duplicato non appena sei più vecchio non ha senso". Ma lui non veniva spacciato per l'erede di qualcuno, all'esordio? "Si, di Gesù. Il nuovo messia". E ride.
"ORA", PROSEGUE, "sono sul set di Maps to The Stars, di David Cronenberg, che adoro. Videodrome e Scanners sono tra i miei film preferiti. Recito con Julianne Moore, che è straordinaria, la sceneggiatura è fantastica. E' un'esperienza nuova, perchè ho una parte più piccola del solito, sono stato quasi sempre il protagonista. Preferisco ancora le produzioni indipendenti alle major, che ti tolgono la libertà". Ora che vivi a Los Angeles, gli chiedo, ti sembra che Hollywood riesca a rappresentare la società? Si fa serio. "No, non mi pare. Ma in questo momento storico, rappresentare la contemporaneità è difficile, anche con la musica. E' un periodo di transizione. Gli anni 70 e 80 erano ben definiti. I 90 avevano il grunge. Il 2000 a cosa si riduce, a internet? Ai telefonini? La mia generazione verrà ricordata con un IPhone in mano, intenta a chattare e scambiarsi messaggini, senza dirsi nulla? Io non sono nemmeno sui social network. Ci ho provato, sotto falso nome, ma ho cancellato l'account perchè i miei amici non potevano trovarmi. Mi sentivo stupido". Dato che non li posta su facebook, vorrei allora che mi raccontasse uno dei suoi momenti indimenticabili. "Quando è nato mio figlio", ride. "Scherzo, non ho figli! Invece non scorderò mai quando mi trovavo all'Olimpic Stadium di Monaco per promuovere New Moon. C'era 30mila fan urlanti e Taylor Lautner basito, che diceva 'Oh diamine, che si sta succedendo?'." E parte uno sbadiglio. "Oh sorry. Vede, mi sta facendo rilassare", arrossisce. Vorrei invitarlo a sedersi sulle mie ginocchia mentre canto una ninna nanna ma non è il caso. Gli chiedo invece cosa vorrebbe fare prima dei 30 anni. "Pubblicare un disco. Sto scrivendo molti pezzi. E dirigere un film. Ho un idea nel cassetto, ci sto lavorando. Dovrei farcela". Il tempo è scaduto. Ci alziamo dal divano e gli porgo la mano. Me la stringe con entrambe. "Allora ci si vede alla terza intervista", mi augura. Fuori dalla porta, c'è una collega giovane e carina che discute al cellulare con il fidanzato. Lo rassicura che, no, il bel vampiro non sta tentando di sedurla, figurati se si interessa a una normale, gli dice. Io non lo darei per scontato.
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